La droga purtroppo corre anche nelle discoteche, cosi come corre nei bar, nelle piazze, nei cinema, in tutti i luoghi di aggregazione giovanile. Si sono dati casi sporadici di connivenza o comunque di tolleranza e scarsa vigilanza da parte di gestori di locali, ma per lo più spaccio e consumo di stupefacenti si svolgono senza che i gestori abbiano con crete possibilità di intervenire, nonostante la loro miglior buona volontà e i controlli messi in atto. Ciò non toglie che alcuni gestori siano stati denunciati e processati proprio per spaccio e uso di stupefacenti avvenuti nei loro locali. Il processo, di cui riferiamo i passi essenziali, si è celebrato a Venezia e si è concluso con una sentenza esemplare, cioè con l'assoluzione per non aver commesso il fatto dei titolari della discoteca, difesi dallo Studio legale Chersevani di Venezia. Non riportiamo i nomi dei gestori, e quant'altro servisse a identificarli, per loro espresso e legittimo desiderio.
Gli imprenditori in questione erano stati rinviati a giudizio imputati del reato di cui agli artt. 110 C.P. e 79 D.P.R. n. 309/90 "perché nella loro qualità di titolari e gestori della discoteca ... consentivano che il suddetto locale pubblico venisse adibito a luogo e convegno di persone che ivi si davano all'uso e al traffico di sostanze stupefacenti di varia qualità (Extasi, Cocaina, Hashish, Marijuana)".
L'ispezione avvenuta nel locale in attività ad opera dei carabinieri, nel quadro di una più ampia operazione condotta nei locali pubblici della regione, portò al rinvenimento di "una elevata varietà di so stanze stupefacenti (extasi, hashish, marijuana, cocaina). In tale occasione, nei servizi igienici fu trovata una somma di denaro di circa un milione, oltre ad una lista di nomi e cifre che, a livello intuitivo, si ritenne riconducibile ad una attività di spaccio". Un cliente della discoteca venne arrestato perché trovato in possesso di nove capsule di "extasi", individuato "grazie al suo comportamento sospetto, consistente nell'essere avvicinato da piu giovani in sequenza".
I due "buttafuori" del locale riferirono di aver collaborato in varie occasioni con gli agenti in borghese, in ciò seguendo le precise indicazioni dei gestori, e che "le stesse condizioni di oscurità, di rumore e di confusione generale, oltre alla circostanza che i "buttafuori" sono persone conosciute, rendono estremamente difficile individuare condotte illecite e che, comunque, in casi di sospetto sono intervenuti, vietando l'ingresso e segnalando i fatti alia p.g., oltre che ai gestori, escludendo nel modo più assoluto interventi dissuasivi da parte di quest'ultimi collegati al rischio di disperdere la clientela".
D'altronde, un brigadiere dei carabinieri che aveva svolto numerosi controlli all'interno della discoteca aveva parlato di "un'attività di spaccio evidente che, tuttavia, non era possibile nella maggior parte dei casi reprimere per difficoltà oggettive di intervento connesse a ragioni di sicurezza". Il teste ha inoltre riferito che "i gestori non potevano assolutamente controllare quanto avveniva all'interno del locale, potendo esercitare un certo controllo solo all'ingresso dello stesso; tuttavia, essi non potevano essere consapevoli che a quell'ora (cioè fra le 6 e le 12 di domenica, quando il locale esercitava funzioni di "after hours": n.d.r.) entrava soltanto "un certo tipo di gente": gente che era rimasta sveglia tutta la notte, che arrivava "con sguardi stralunati... assenti...che sicuramente non poteva resistere tante ore senza fare uso di qualcosa". Cose già viste e già sentite e che certamente rivedremo e risentiremo, ma ritorna inevitabile la domanda di fondo: di fronte a situazioni del genere, che cosa possono fare in concreto i gestori e quali sono le loro responsabilità? Nel caso in questione, il tribunale ha risposto con una sentenza di assoluzione, interessante e significativa, che ha motivato come segue. "Il Tribunale, all'esito dell'istruttoria dibattimentale, ritiene di escludere la penale responsabilità degli imputati in ordine al reato loro contestato.
"L'art. 79 del D.P.R. 309/90 regola una ipotesi di contributo dato alla persona che intende fare uso di sostanze stupefacenti e punisce la condotta di chi opera per facilitare chi è già determinato, anche se non avvezzo, all'uso delle predette sostanze.
"L'ipotesi contestata, in particolare, è quella prevista nel primo comma dell'art. 79, che punisce la condotta di colui che adibisce o consente che sia adibito, cioè destinato e adattato all'uso, un locale pubblico o un circolo privato di qualsiasi specie a luogo di convegno di persone che ivi si diano all'uso di sostanze stupefacenti, senza che sia richiesto come requisito essenziale (a differenza dell'ipotesi prevista nel comma 2°) quello della abitualità del comportamento illecito (vd., in generale, Cass., sez.VI, 3/12/88). "Soggetto attivo del delitto in esame e, dunque, colui che ha la disponibilità del locale, sede dei convegni: può essere il proprietario, il possessore, il locatario, ecc. ed è irrilevante il titolo giuridico o di fatto della disponibilità, purché egli possa disporne, anche temporaneamente. Si osserva, infatti (benché il comma 13 della norma non faccia alcun riferimento alia disponibilità del locale/circolo), come sia evidente che, per poter adibire o essere responsabili di aver consentito, debba esistere una facoltà di intervento e, quindi, in ultima analisi, una disponibilità. "Quanto alla condotta materiale della fattispecie di agevolazione, si ritiene, in giurisprudenza, non necessario per la punibilità che venga dimostrata la sussistenza di un'attività diretta ad organizzare locali pubblici o circoli privati, destinandoli in via immediata e diretta a luoghi di convegno per l'uso di stupefacenti, essendo invece sufficiente la prova del comportamento negativo di mera tolleranza da parte di chi ne abbia la disponibilità e, comunque, del dovere di impedire che i predetti locali vengano adibiti agli scopi vietati dalla legge.
"Per la punibilità della condotta, infine, è sufficiente anche un solo convegno illecito (non essendo necessaria la abitualità), mentre occorre che nel locale avvenga, per l'appunto, il "convegno", inteso come presenza contemporanea di più persone.
"Appare chiaro, innanzitutto, come una discoteca rientri senz'altro nella nozione di "locale pubblico" prevista dalla norma incriminatrice: si tratta di una nozione molto ampia, che comprende qualsiasi tipo di locale nel quale è consentito libero accesso ad un numero indeterminato di persone, senza alcuna preclusione diversa dal rispetto dell'orario di apertura e di chiusura, eventualmente previo adempimento di una condizione (p. es. pagamento di un biglietto).
."Si tratta di vedere se risultano essere integrate nell'ipotesi in esame, anche gli altri presupposti richiesti dalla legge. Gli imputati hanno avuto senz'altro l'esclusiva disponibilità del locale, essendo rimasti gli unici soci della costituita s.n.c.; essi avevano, pertanto, il diritto-dovere di impedire che lo stesso locale fosse destinato a luogo di convegno di persone che ivi si dessero all'uso di sostanze stupefacenti." I numerosi interventi di P.G. hanno accertato un'intensa attività di piccolo spaccio nell'area esterna alla discoteca; tuttavia, soltanto due sono stati gli episodi che, nell'arco di tempo contestato nell'imputazione, hanno condotto all'arresto di due persone perché trovate in possesso di sostanze stupefacenti all'interno, benché sia un dato di comune conoscenza che in questo tipo di ambiente vi è una indiscutibile diffusione dell'uso di tali sostanze.
"La natura della questione impone, a questo punto, una considerazione di fondo: nonostante le linee di intervento indicate dal legislatore, prima nel '75 e poi nel '90, e malgrado i ripetuti campanelli d'allarme che segnalano da tempo il diffondersi sempre più preoccupante degli stupefacenti, gli interventi istituzionali e sociali sono, come noto, del tutto insufficient!. "Da molto tempo si denuncia l'esistenza di uno stato di disagio profondo delle nuove generazioni, che trovano spesso rifugio in quelli che vengono impropriamente chiamati "megasantuari del divertimento", in un'atmosfera spesso apocalittica, tra musica assordante e pasticche di extasy per vincere la stanchezza ed esaltare le emozioni.
"Ora, se deve ritenersi bandita dal nostro ordinamento ogni ipotesi di responsabilità oggettiva, non può essere responsabilizzata, al di là di comportamenti concreti e specifici di reale agevolazione, un'intera categoria di soggetti che esercitano a livello imprenditoriale un'attività (lecita, in quanto autorizzata) di gestione di locali adibiti innanzitutto a ritrovo per attività danzante.
"Non si versa, pertanto, nell'ipotesi prevista dalla legge per il solo fatto che in una discoteca si verifichi la presenza di persone che si danno all'uso di sostanze stupefacenti, occorrendo sempre un elemento ulteriore che riveli la specifica destinazione, voluta o tollerata.
"Come già stato osservato in caso analogo, tale elemento ulteriore può consistere nel fatto di un particolare rapporto fra gestore e determinati clienti, nella prevalenza della presenza di persone che si dedicano al predetto uso, nell'esistenza di particolari accorgimenti e mezzi nel lo cale, nell'accesso collegato al fine di consumare stupefacente, e così via: nessuna di queste circostanze è apparsa esistente nella specie.
"I testi (i due "buttafuori", n.d.r.) hanno ribadito la piena collaborazione da loro prestata alle forze dell'ordine in occasione delle ispezioni (collaborazione che si è manifestata anche con segnalazioni alla P.G. di persone sospette), e le indicazioni specifiche fornite dai gestori dirette a sollecitare un'attenta e severa attivita di vigilanza. Gli stessi agenti operanti hanno riferito l'estrema difficoltà (anche per chi - come loro - è dotato dei necessari poteri autoritativi) di un efficace intervento repressivo dell'attività di spaccio all'interno del locale: difficoltà imputabili a ragioni oggettive di sicurezza, non a comportamenti collusivi da parte dei gestori o dei loro collaborator!, diretti ad ostacolare l'attività investigativa. "Esisteva, inoltre, un servizio di "filtro" e controllo senz'altro insufficiente come misura cautelare, tuttavia rispondente ai canoni di sicurezza ordinari, adottati comunemente nei locali di questo tipo. "Infine, manca la prova che, al..., un numero prevalente o, quantomeno, particolarmente rilevante di avventori, in rapporto al flusso imponente dei frequentatori (si è parlato di una media di cinquecento persone) si dedicasse all'uso di sostanze stupefacenti; la quantità (tutto sommato modesta) di sostanze rinvenute dalla polizia, e lo stesso esiguo numero di persone arrestate all'interno del locale in relazione a questo tipo di illecito, dimostrerebbero anzi il contrario e non può certo supplire il fatto che, in realtà, non tutti i frequentatori siano stati perquisiti.
"Alla luce di quanto precedentemente osservato gli imputati vanno assolti perché il fatto loro ascritto non sussiste".