Daniele Mancini architetto

Come dovrà essere la discoteca del futuro? Daniele Mancini precisa il ruolo dell'architetto, la fantasia e la duttilità che deve mettere nel suo lavoro.

Il locale da ballo e la discoteca sono diventati un fenomeno di massa, di aggregazione, di confronto. Non si può dire però che questo importante fenomeno sociale sia avallato nella sua forma contenitiva, volumetrica epidermico-semantica, da valide idee progettuali, costruttive e molto sovente gestionali.

Gli operatori e gli addetti ai lavori, con la presunzione di aver raggiunto la vetta, hanno prodotto, all'insegna della novità a tutti i livelli, solamente tanta confusione.

Andare in discoteca è paragonabile ad un lavoro: se non si riceve una adeguata mercede, sotto forma di ammirazione, gratificazione e attenzione, la prima reazione è quella di cambiare locale.

Ma il destino finale della discoteca non è quello di far socializzare il pubblico? Certo, il vero problema è riuscire a creare l'habitat giusto, che sia un contenitore di idee e di situazioni poliedrico, polifunzionale, polivalente. Il nucleo centrale del discorso ai fini del locale da costruire o da ricostruire si trova nell'angoscioso dilemma: optare per un intervento che privilegi al massimo la creatività, oppure puntare sul massiccio utilizzo di effetti puramente tecnologici? Io credo che la verità, come spesso accade, sia nel mezzo.

Una .formula vincente potrebbe essere, ad esempio, un "cocktail" in cui miscelare un trenta per cento di fantasia e creatività con un cinquanta per cento di tecnologia. Il residuo venti per cento è rappresentato da altre qualità secondarie ma significative. Come la propria coscienza critica di operatori, che deve spingere a continue verifiche e sperimentazioni.

Non ci si improvvisa architetti per discoteche, è un settore con caratteristiche troppo particolari perchè se ne possa occupare chi non ha accumulato esperienze autentiche, anche e soprattutto concettuali.

Bisogna conoscere le situazioni in cui si dovrà intervenire: provare e conoscere i materiali da impiegare, anche i più eterogenei, che spesso riservano piacevoli sorprese.

Bisogna, infine, proiettarsi nel futuro per immaginare strutture di oggi che, in qualche misura, già si prestino ad agganciare le mutate esigenze di domani.
Ogni fenomeno è soggetto a una serie di corsi e ricorsi e così anche il locale da ballo, che segue nella sua proposizione formale l'evoluzione della musica e del costume.

Negli anni '60, in clima di dolce vita e di boom economico, questo spazio era per lo più impostato su concetti come il decoro e il comfort, ma poi ha iniziato a cambiare, come sono cambiate la musica (sempre più veloce) e i rapporti fra i giovani (più informali), fino a trasformarsi nella discoteca anni 70, che con il suo bombardamento di luci e suoni rispecchiava anch'essa bene la condizione di alienazione e incomunicabilità dell'epoca. Oggi questa impostazione comincia ad essere psicologicamente gravosa, non più corrispondente alla realtà sociale.

In clima di "nuovo edonismo" i giovani vanno recuperando alcuni valori degli anni '60, come il gusto della conversazione, dell'eleganza e della comodità. Dal punto di vista progettuale questo comporta un ritorno al "soft" sia nei colori, più tenui e raffinati (rosa, azzurro, fucsia), sia nell'arredo decisamente più ricco e comodo. Ma la qualità fondamentale è la capacità di far sembrare il locale ricco utilizzando mezzi più o meno poveri.

Nella discoteca i "budget" a disposizione sono sempre bassi rispetto al risultato che si vuole ottenere: sono dunque indispensabili creatività, esperienza e una conoscenza tecnica sempre aggiornata, per escogitare intelligenti "malizie" atte a nobilitare i materiali a disposizione in modo da raggiungere con essi effetti di preziosità ed eleganza inaspettate.