Era da poco sfumata l'immagine dolce e accattivante della giornalista Maria Luisa Busi del TG1 che la signorina buonasera annunciava tra i programmi della serata un interessante dibattito sui dee-jay di Gianni Minoli a Mixer.
Conoscendo l'elevato grado di preparazione di questo programma, rimasi sconcertato dalla futilità con cui Pesuader dal suo gruppo e Cucchetti dall'altro avevano impostato la trasmissione: solo ed esclusivamente su scelte musicali tra il tradizionale e la discografia d'avanguardia.
È inutile enunciare una sfilza di re della consolle, molto ben preparati artisticamente ma preoccupati della propria immagine, anche quando danno il meglio di se stessi al locale in cui lavorano. Certo, è quello che si richiede ad un professionista, ma vi sono risvolti che molti considerano marginali per questo autentico esercito (tra discoteche, radio e tv si calcolano circa 15mila dj) e che invece sono molto importanti.
È vero quando si dice che in discoteca si consuma l'effimero, ma è pure vero che mentre alcuni dee-jay prendono, a forfait o a stipendio, delle somme consistenti, per contro c'è chi lavora per 50-100.000 lire a prestazione. Fatte salve le valutazioni di merito, queste sperequazioni sollevano importanti problemi strutturali e contrattuali.
Nell'ambito del programma televisivo Magazine, Giselle e Terry qualche tempo fa intervistarono, sotto l'occhio attento di Raffaella, alcuni programmatori musicali: e anche in quell'occasione si è parlato degli argomenti più interessanti e attuali, ma di inquadramento professionale neanche una traccia.
Ricordo, ero un ragazzo, la potente associazione AID di Roma, pilotata da Gianni Naso e con presidente onorario il sempre amico Renzo Arbore, la FIDJAS ecc., associazioni che hanno Partorito fior di dee-jay, oggi affermati professionisti. Alcune scuole di dee-jay sono tutt'ora ora in attività, ma sarebbe necessario sapere con quale grado di cultura musicale i volonterosi giovani che escono da tali scuole si affacciano nel pianeta ballo.
Nel 1989 il SILB aveva aperto un picco lo spiraglio sulla formazione professionale con un corso, presso l'ISCOM di Rimini, di 700 ore per ottenere la qualifica di art director. E poi?
L'accesso alla professione è aperto a tutti. La discoteca, infatti, per le sue necessità ha creato figure e ruoli ad hoc (disc-jockey, addetti alle pubbliche relazioni, scenografi, direttori artistici, animatori, ecc.) di indubbia utilità, ma non riconosciuti ufficialmente. Certo, sulla spinta di un diffuso fai da te non mancano i buoni risultati, con conseguenze positive in termine di immagine, di nuove regole del gioco, della capacità di aprirsi sbocchi improvvisi. Ma anche con conseguenze di segno opposto, causate da una scarsa cultura aziendale e imprenditoriale, a parte qualche big.
Sono stato ospite, per conto di Disco & Dancing, dell'avvocato Umberto Sebastiani, Assessore alla Cultura e Spettacolo di Rieti, in occasione della prima Center Cup, competizione organizzata da Antonio Sacco in cui dieci dee-jay delle città dell'Aquila, Viterbo, Spoleto, Foligno, Perugia, Rieti e Terni si sono esibiti in varie performance musicali nello stupendo chiostro di Sant'Agostino. Ho notato, oltre alla preparazione, grande affetto e stima tra i partecipanti. Marcello Mignatti, Stefano Pozzovivo e i tecnici della Galaxy hanno evidenziato l'elevato livello tecnico dei concorrenti, ma, al contempo, molti programmatori musicali hanno palesato difetti di pronuncia e la mancata conoscenza di almeno una lingua straniera.
Alcuni disc-jockey, raggiunti telefonicamente in varie parti della penisola, hanno espresso il loro rammarico perché nelle ricorrenze delle discoteche, in mezzo a fotografie megalomani e a grandi paroloni celebrativi, non viene fatto il minimo cenno sull'attività di chi, con amore e dedizione, ha dedicato alla discoteca, alla musica, al ballo i migliori anni della sua gioventù. Ma bisogna anche riconoscere che non ci sono scuole, istituti, corsi che maturino addetti a più livelli, dal manager al semplice barista. Tutto e lasciato alla coscienza e al senso di responsabilità dei singoli.
Il primo obiettivo è dunque quello di avere timonieri in grado di pilotare ogni giorno (ripeto, ogni giorno) aziende di ragguardevole consistenza, capaci di investire nell'impresa e nella sicurezza della gestione e dell'amministrazione, di recuperare il gap tecnologico.
I dee-jay mi parlano di gestioni zoppicanti, presso le quali non trovano collaborazione. Il gestore e si preoccupato di colmare i vuoti infrasettimanali, di rado però riconosce i sacrifici fatti dal dj per l'acquisto dei dischi; ma va pure detto che tali spese a volte sono sconsiderate, pazze.
È anche vero quello che dicono Bruno Cristofori, Giancarlo Barisio, Gianni Fabbri, Giancarlo Bornigia e che lamentava il compianto Sergio Bernardini: molti gestori si disinteressano delle riunioni SILB, dove potrebbero apprendere che la vera scuola è la vita, in questo caso la vita in discoteca.
Lo spostamento di rotta musicale, mi dice Marco Vanni del SIM Fideuram, nelle giovani leve (dee-jay di 15-16 anni) è condizionato da capogruppi di gusti musicali a senso unico (si può poi immaginare che musica passano).
Paul Me Cartney e Mogol hanno già avviato le prime due scuole in Europa. Molti dee-jay non conoscono ne il pentagramma ne una nota musicale, mi dice Giulio Rapetti, alias Mogol, nel cinquecentesco palazzo Cesi di Acquasparta. In Umbria, nei pressi di Avigliano, ha allestito sale didattiche di incisione, foresteria, palestra, ristorante, campo sportivo, per un costo di circa sei miliardi. Il suo grido di dolore è destinato a scuotere le fondamenta."Ho venduto tutte le case e le ville che possedevo in Lombardia", mi informa, "e ho creato questa cittadella della musica perché non posso assistere inerme alla sua estinzione. Io mi stabilisco qui in Umbria per la vita, e provo a creare i musicisti del domani e a migliorare quelli di oggi. Un mondo di parolacce e cattivi interpreti: ecco l'ago termico attuale dei testi che vengono mandati in onda dai dee-jay. E allora, come si può pretendere una cultura musicale di base?".
A quel ragazzetto tutto riccioli, in quel di Poggio Bustone in provincia di Rieti, dove nacque, per amor della musica il papà gli rompeva la chitarra sulla schiena...
"All'uscita di scuola i ragazzi vendevano libri/ io restavo a guardarli cercando il coraggio per imitarli"; scettico: "Che ne sai di un bambino che rubava/ e soltanto nel buio giocava?"; disperato: "Io lavoro e penso a te/ torno a casa, e penso a te": Mogol/Battisti, sinonimo di canzone da brividi. Ma questa ormai