La storia dello Studio Due di Viterbo, azienda che produce effetti luce a livello internazionale, è anche la storia di uno dei suoi titolari, Franco Bertini. Viso aperto, cordiale, inglese perfetto, ogni tanto qualche "nota" laziale nell'accento, piglio deciso e notevole duttilità. In questa intervista Franco Bertini ripercorre il successo della sua azienda da quando, 11 anni fa, si affacciò sul mercato, imponendosi subito all'attenzione per la notevole carica di innovazione tecnologica e creativit.
"Nel settore delle luci professionali abbiamo debuttato ufficialmente con Moon Flower, proiettore diventato in un certo senso mitico perché era il primo che utilizzava una lampada a scarica ad arco molto stretto", ricorda Bertini. "Questa caratteristica permetteva di creare dei raggi molto penetranti e molto sottili che raggiungevano distanze considerevoli".
È dunque Moon Flower il prodotto che ti ha dato più soddisfazione?
"Per molti anni, riveduto e corretto e sotto varie forme, è stato certamente l'effetto di punta dello Studio Due; quello che ha fatto conoscere la nostra azienda anche al di là dei confini nazionali. Dal successo del Moon Flower sono poi derivati altri proiettori tipo Crazy Moon, Baby Moon e, se vogliamo, anche i proiettori per esterno Magnum 1500W, affiancato ora da Spaceflower 3000W, che hanno all'origine lo stesso concetto tecnologico. Ma l'effetto che ultimamente ci sta dando notevoli soddisfazioni, a livello internazionale, è Stratos. Non a caso è stato prodotto in quantitativi decisamente superiori allo standard medio; anche perché è un prodotto che non si vende singolarmente, ma che ama stare in coppia o in multipli (4-8-16- 32)".
È stato difficile, per lo Studio Due, imporsi sui mercati internazionali?
"Oggi circa il 70-75% della nostra produzione finisce all'estero, e per estero intendo tutti i paesi del mondo. In alcuni paesi è stato semplice conquistare quote di mercato, in altri più difficile. Se, anno dopo anno, offri prodotti interessanti diventa più facile imporsi, perché già ti conoscono come azienda e perché, se i primi prodotti erano tecnologicamente validi, si è creato un background di credibilità".
Volendo fare un'equazione, nel successo di un effetto luce, quanto conta la tecnologia e quanto invece la fantasia?
"Ci sono due categorie di prodotti. In quelli a raggi concentrati, ad effetto, conta forse più la fantasia della tecnologia; questi prodotti hanno purtroppo una vita commerciale breve. Per i prodotti standard invece, cosiddetti di base, utilizzati sia da diversi utenti sia per lungo periodo di tempo, conta più la tecnologia. Certo, bisogna scontrarsi con le proposte del mercato, che sono tante, ma chi riesce a offrire quel qualcosa in più a un prezzo contenuto e a un livello di affidabilità uguale agli altri, se non superiore, chi riesce a creare, insomma, un giusto equilibrio costo/qualità, ecco allora può farcela".
Il fatto di avere la sede dell'azienda a Viterbo è stato un vantaggio o una penalizzazione?
"Sicuramente una penalizzazione. Il centro Italia notoriamente non è una zona industriale, per cui abbiamo avuto notevoli problemi di approvvigionamento dei materiali, poi risolti. Ma all'inizio è stata dura: nessuna delle componenti normalmente utilizzate per i nostri prodotti è reperibile nel raggio di 200-300 chilometri. Comunque, grazie ai fax e ai corrieri, che in 24 ore recapitano da tutta Italia, ce I'abbiamo fatta. Anche per la nostra clientela Viterbo non vanta una localizzazione ideale, perché molti sono convinti, spesso a ragione, che il meglio si trova nel nord".
Secondo te, Franco Bertini, in questi anni è cresciuta in Italia la cultura della luce? E all'estero?
"In Italia non molto. Basti pensare che fino a qualche anno fa l'impianto luci era considerato un totem, molti gestori di discoteche erano convinti che bastava installare nuovi effetti per risolvere ogni problema di affluenza ora hanno cominciato a capire che non e così.
La luce è soltanto una delle componenti che determinano il successo di un locale, insieme all'arredamento e alla gestione, che è essenziale. All'estero non credo sia cambiato molto: per avere successo è necessario disporre del prodotto giusto, al prezzo giusto e nel momento giusto".
Oggi tu sei titolare di un'azienda che produce effetti luce venduti in tutto il mondo, ma cosa volevi fare da grande?
"Questo è un settore nel quale si arriva per caso, non per scelta. Non è che da ragazzino decidi: da grande farò il mago delle luci.
Tutto è stato casuale. All'età di 18-20 anni mi occupavo di una discoteca; per gioco realizzai alcuni effetti luce assai rudimentali. Poi mi venne proposto di fare qualcosa più seriamente. Provammo ad esporre alcuni prodotti realizzati da noi e altri importati dall'estero alla prima edizione del SIB di Rimini. Morale: i nostri prodotti piacevano di più e avevano un margine interessante. Da allora il gioco e diventata una professione".
Cosa vedi nel prossimo futuro per il settore delle luci professionali?
"Vedo, per la mia azienda, un futuro abbastanza roseo, soprattutto grazie a un prodotto quale Stratos, che non si esaurirà certo nel giro di due tre anni, ma avrà vita lunga e spero trionfale. Nel frattempo dovremo sviluppare altri prodotti, perché quando Stratos sarà arrivato alla fine della sua vita dovremo essere pronti per affrontare le continue sfide del mercato".
Spesso i tuoi prodotti sono stati copiati. Quale reazione hai avuto?
"In casi del genere la prima reazione è di stizza, di rabbia, poi il fatto un po' ti inorgoglisce. Se hanno copiato un tuo effetto vuol dire che ha avuto successo e, se ha avuto successo, vuol dire che era valido. Ciò permette, oltretutto, di far conoscere il tuo prodotto a un publico più vasto, che può scegliere fra il tuo, originale, e la copia".
Quando vedi un tuo prodotto utilizzato in un angolo lontano del mondo, quale sensazione provi?
"Una sensazione piacevole, che ripaga di tutti gli sforzi, delle 12-13 ore al giorno passate in azienda a lavorare dietro quel prodotto. Insomma, vieni ricompensato dello sforzo e dell'impegno".
Franco Bertini, qual è lo stress maggiore nel tuo genere di lavoro?
"Dover sempre cercare qualcosa di nuovo, scovare la novità a tutti i costi. Eppoi il fatto che tu elabori un progetto, un programma, poi subentrano problemi di mercato, imprevisti tecnici e sei costretto a cambiare rotta, a modificare costantemente il programma iniziale".
Non è forse un mercato drogato dalla ricerca costante, spasmodica della novità?
"Non credo sia un problema solo del nostro mondo. Oggi in ogni ambiente si avverte questa esigenza, vedi, tanto per fare un esempio, computer e automobili. Il vantaggio è che noi, se vogliamo, in pochi mesi e con molta buona volontà riusciamo a proporre una novità".
Un bilancio di questi 11 anni dello Studio Due?
"Inizialmente non avrei mai creduto di arrivare dove siamo arrivati. Ovviamente ci consideriamo ancora molto lontano dal capolinea, c'è ancora molto da fare. Cosa serve? Servono robusto ottimismo e determinazione. Del resto, un imprenditore privo di simili qualità non potrà mai raggiungere nessun obiettivo di particolare rilievo".